Monachesimo e trasfigurazione tra Oriente e Occidente, a cura di Roberto Nardin e Natalino Valentini, EDB, Bologna 2008
L’afflato ecumenico dell’insieme dei saggi raccolti in questo 36° Quaderno di Camaldoli, curato dai Proff. Roberto Nardin e Natalino Valentini, si respira dalla prima all’ultima pagina come un soffio dello Spirito, un evento di Pentecoste sempre in atto, una perenne “trasfigurazione” verso la santità escatologica.
È toccante questa coralità di studiosi e di argomenti che nella terra feconda del Vangelo e della ecclesialità della sua più autentica testimonianza approcciano a quella profezia presente del mondo che verrà, conosciuta come monachesimo.
“Eloquente segno di comunione”, “accogliente dimora per coloro che cercano Dio e le cose dello Spirito”, “sete dell’eterno”: sono espressioni tratte da Giovanni Paolo II per indicare una realtà non di pochi, uomini e donne consacrati al Signore tramite i consigli evangelici, bensì di tutti i battezzati protesi alla realizzazione in sé della divina volontà nell’Amore trinitario e, si potrebbe persino dire, per tutti gli uomini di buona volontà ricolmi di intensa ed autentica nostalgia dell’Assoluto.
Le radici bibliche di ciò sono ben evocate dal Prof. Natalino Valentini nella sapiente e breve sua Introduzione dove, citando Dostoevskij e i suoi “Fratelli Karamazov” evidenzia il “nucleo incandescente” del tesoro monastico: “la vita come cammino interiore verso la perfezione dell’incontro con l’invisibile mistero” (p. 11).
Il Prof. Roberto Nardin, riflettendo sulla attualizzazione della Lettera apostolica di Giovanni Paolo II “Orientale Lumen” (2 maggio 1995) si sofferma su tre verbi: “conoscere”, “nutrire” e “favorire”. Nella prospettiva contemporanea del “frammento” è l’indicazione della via per il ricomponimento nel “tutto” armonico. L’uno e i molti: questo l’eterno problema del pensiero, che nella conflittualità esistenziale del peccato originale si è tradotto ad ogni livello nella drammatica dicotomia: l’uomo oppure i molti, in cui il frammento assume pretesa di assoluto.
È la crisi, in particolare, della cultura occidentale, dove il provvisorio e il relativo hanno preso il sopravvento sulla definitività e la ponderatezza della verità. Prodotto tipico ne sono i vari tipi di fondamentalismo ideologico. Il monachesimo vi si oppone con il suo intrinseco essere “dinamismo di unificazione” per il proprio carattere in radice “teologico”: il partecipare alla vita della SS. Trinità, di Dio Uno e Trino, “communio” che ha il suo apice nel mistero eucaristico, prototipo e fonte della relazione d’amore, una e unica in quanto tale.
La Prof. Luciana Maria Mirri rivisita le coordinate del monachesimo prendendo in esame la preghiera nella Vita di S. Maria Egiziaca,eremita penitente nel deserto di Giuda tra il IV e il V secolo. L’esistenza di questa solitaria si svela essere, almeno nella narrazione attribuita al vescovo Sofronio di Gerusalemme, una grande “lectio” biblica, culminante in una sorta di iniziazione sacramentale che segna i paradigmi di fede fondamentali: “iniziazione cristiana” alla conversione, significativamente posta nella Solennità dell’Esaltazione della Santa Croce, ed “iniziazione escatologica” nell’ultimo incontro con il monaco Zosima, altrettanto significativamente collocata nel Triduo pasquale. (…)
dalla recensione del Prof. Bazyli Degórski OSPPE