Italia: beni culturali ecclesiastici. La grande bellezza

 

Riportiamo integralmente qui di seguito l’articolo di Natalino Valentini, pubblicato nella rivista quindicinale “Il Regno”, n. 8, 2019, pp. 208-210.
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La fede passa attraverso l’arte e la sua valorizzazione. Il ritorno del turismo religioso

Le «immagini dell’arte sono formule di comprensione della vita, parallele a quelle della scienza e della filosofia. Le une e le altre sono due mani di un solo corpo».1 Ciò è tanto più vero se ci riferiamo all’arte sacra, vale a dire a quella particolare concretizzazione materiale della vita spirituale generata dalla fede.
La storia della Chiesa cristiana è attraversata dal filo rosso della tradizione dei santi annunciatori del Vangelo attraverso l’arte, nelle sue diverse forme e manifestazioni, non necessariamente eccelse, anche artigianali eppure conformi all’integrità organica della cultura ecclesiale. Nell’autentica arte ecclesiale tutto è unificato, scandito da precise forme canoniche circa il simbolismo dello spazio e del tempo, della luce e delle forme, fino ai minimi dettagli compositivi.
Questa percezione dell’esperienza spirituale ha generato lungo i secoli una sorprendente stratificazione e diffusione di opere che hanno dato forma a un imponente patrimonio artistico-religioso; una ricchezza e una bellezza che non hanno eguali al mondo. Gran parte di questa immensa bellezza è il frutto del genio e dell’esperienza viva della fede cristiana, tant’è che i beni culturali ecclesiastici costituiscono almeno i 2/3 dell’intero patrimonio nazionale.
Un vero e proprio museo diffuso, che innerva tutto il nostro territorio e che la Chiesa italiana (attraverso le sue diocesi) è oggi chiamata a custodire, valorizzare, rigenerare e rendere fruibile in modo sapiente e lungimirante. Il patrimonio artistico e culturale ecclesiastico, sebbene sempre più fragile, resta comunque uno dei più preziosi strumenti pastorali a disposizione delle Chiese diocesane, benché solo una piccola parte di esse se ne renda conto.
Per questo la Chiesa cattolica in Italia è oggi sollecitata non solo a ripensare in modo propositivo e radicalmente nuovo obiettivi, strutture, metodi e criteri operativi riguardanti la tutela, la conservazione e la valorizzazione di questo vasto e ricco patrimonio, ma anche a mettere in atto un vigoroso progetto educativo e culturale ricentrato sui nuovi linguaggi della fede attraverso l’arte.
Ciò implica necessariamente l’elaborazione di nuove forme teologiche e inedite strategie catechetiche e pastorali a partire dalla bellezza, dalla potenza del linguaggio dei simboli, dall’intelligenza spirituale degli affetti e del sentire; insomma la rigenerazione di un’estetica della fede al servizio della nuova evangelizzazione e, più in generale, della cultura e della spiritualità del nostro tempo.
Tale riorientamento teologico-pastorale implica necessariamente un rinnovato confronto tra Parola (Bibbia) e immagine (icona), tra culto e cultura, tra liturgia e teurgia, esplorando le concrete e straordinarie potenzialità del linguaggio simbolico cristiano lungo la via della bellezza, come è stato rimarcato con forza anche da papa Francesco, per il quale: «È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis) (…) È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”».2

Non solo conservazione

In questa prospettiva s’impone una radicale inversione di marcia: trasformare il bene artistico ecclesiastico da peso morto e assillo in termini di costi, di manutenzione e di gestione, in strumento vivo di evangelizzazione, di identità e memoria, ma anche di inesauribile risorsa spirituale e culturale. Questo cambiamento di pensiero (metanoia) e d’azione non è affatto semplice, anche perché ormai da troppo tempo assistiamo, nella vita ordinaria delle nostre comunità ecclesiali a una sorta di divorzio tra arte e fede.
Ciò si è tradotto in un’avvilente noncuranza e progressiva distrazione rispetto al patrimonio artistico religioso da parte dello stesso clero, qualcosa da affidare ormai soltanto a qualche commissione speciale, non solo trascurando le implicazioni culturali, ma dimenticando persino la rilevanza dottrinale e pastorale affermata dalla Chiesa già a partire dal VII concilio ecumenico (II concilio di Nicea del 787), fino al concilio ecumenico Vaticano II.
Nell’attuale contesto del nostro paese, caratterizzato da un’allarmante negligenza e indifferenza verso ciò che ha costituito per secoli motivo di splendore e di gloria, s’avverte l’urgenza di custodire questa bellezza, di salvarla dalla caduta nella banalizzazione cosmetica, o nella sacralizzazione retorica. Il tempo preme e una svolta s’impone affinché questo distacco non diventi irreparabile, anche all’interno della stessa Chiesa, sebbene già i mutamenti in atto impongano scelte anche dolorose, che ormai coinvolgono gli stessi luoghi di culto, il loro riuso o dismissione.3
Una «Chiesa in uscita», animata dalla dinamica dell’esodo e del dono, «del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre»,4 dovrebbe avvertire l’urgenza e l’opportunità di mettere a frutto il vasto patrimonio di cui ancora dispone in una prospettiva missionaria di rivoluzione culturale e d’innovazione sociale. Ma ciò implica la tessitura di un solido legame tra arte, cultura e sviluppo, inteso in senso ampio, come educazione, creatività, studio, ricerca, innovazione, invenzione, ma anche occupazione sociale.
Di particolare rilevanza diventa allora la presa d’atto dell’inscindibile relazione che oggi sussiste tra il patrimonio artistico religioso (vale a dire i beni culturali ecclesiastici) e il crescente fenomeno del turismo religioso e culturale, che s’affianca alla tradizionale esperienza spirituale del pellegrinaggio religioso e alla rinascita degli antichi cammini della fede. Questi fenomeni in rapida espansione e sorprendente crescita a livello globale, che hanno nel nostro paese uno dei principali poli d’attrazione, esigono una più attenta comprensione.
In Italia manca una visione olistica e integrale del patrimonio culturale ecclesiale e del paesaggio, una valutazione complessiva della sua straordinaria qualità, della diffusione capillare di beni e luoghi vitali, inclusivi, capaci di generare relazione, identità, memoria che apre al futuro. Indubbiamente, la recezione di questa visione integrale impone un rinnovato dialogo tra le diverse realtà coinvolte nel processo: le diocesi che dispongono del cospicuo patrimonio di arte sacra; l’ambito della ricerca culturale e della formazione scientifica; le sovrintendenze e le istituzioni politiche che presiedono (o dovrebbero presiedere) alla tutela e alla valorizzazione dei beni. Una politica culturale al servizio del bene comune non dovrebbe farsi carico di questo compito, a partire da un sano principio di sussidiarietà?

Patrimonio civile e religioso

Di questa sfida si è resa conto la stessa Conferenza episcopale italiana e il suo presidente, il card. G. Bassetti, in un simposio sul turismo religioso svoltosi di recente ad Assisi,5 ha invocato la necessità di un «cambio di paradigma » in grado d’«attivare processi per buone pratiche di comunione di progetti tra comunità ecclesiale e comunità civile per una strategia coordinata e integrata di valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale di matrice ecclesiale».6
Sulla base di tale presupposto è possibile allora ripensare l’identità del turismo religioso: «narrativo», «esperienziale», «generativo», ispirato dalla «notizia bella (No.Bel)», come è stato definito dal documento Bellezza e speranza per tutti, che l’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero e del turismo ha pubblicato nel settembre 2018,7 vale a dire un turismo improntato su una «società della convivialità» e su un’«economia della Bellezza», che è intrinsecamente etica.
In una rinnovata prospettiva di progettazione integrata di una pastorale missionaria, le Chiese diocesane possono svolgere un ruolo decisivo nel processo di valorizzazione dell’arte sacra e nella crescita di un turismo culturale e religioso, contribuendo con un proprio apporto peculiare, purché ci si renda conto urgentemente del «cambiamento d’epoca» che stiamo attraversando, anche su questo fronte.
Un contributo di particolare rilevanza istituzionale a sostegno delle prospettive sopra accennate va riconosciuto nel Protocollo d’intesa tra Conferenza delle regioni e Conferenza episcopale italiana (firmato dal card. G. Bassetti e dal presidente S. Bonaccini il 6.7.2017), che per la prima volta offre un quadro normativo finalizzato all’avvio di una collaborazione più organica e strutturata, in ordine alla valorizzazione e al godimento «anche ai fini turistici dei beni e del patrimonio culturale, storico e artistico ecclesiastico».
Alla luce dei precedenti accordi e collaborazioni, ma soprattutto della presa d’atto della stretta interconnessione tra storia, tradizione, pietà popolare e cultura, «che costituiscono un patrimonio determinante e peculiare per la memoria storica e l’identità di ciascuna regione», le parti in questione convengono sulla necessità di mettere in atto a livello nazionale e regionale «politiche e iniziative concrete finalizzate alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio ecclesiastico e allo sviluppo del turismo religioso».
L’Intesa prevede quindi la costituzione ufficiale di un tavolo permanente di lavoro a livello nazionale e di tavoli regionali mediante i quali avviare buone pratiche ed elaborare possibili strategie (politiche, sociali ed economiche) volte alla conoscenza, alla fruizione e alla valorizzazione del patrimonio artistico religioso materiale e immateriale per facilitare la crescita di un turismo religioso e culturale «sostenibile, competitivo e di qualità».

Per un turismo religiosamente alfabetizzato

Una particolare attenzione viene qui riservata alle «modalità di formazione e aggiornamento delle guide turistiche e degli operatori del turismo e della cultura». Si tratta di una questione cruciale e controversa, se si tiene conto del fatto che negli ultimi decenni le guide turistiche autorizzate per le visite ai siti ecclesiastici sono state formate e abilitate esclusivamente da enti e istituzioni regionali o provinciali, senza tener conto dell’identità e delle peculiarità del patrimonio artistico religioso.
Ora, il raggiungimento delle finalità previste dall’Intesa implicherebbe una qualificata formazione professionale non solo sul versante storico-artistico, ma anche teologico, biblico, simbolico, iconografico, spirituale. A questa formazione scientifica e professionale, in grado d’assicurare una rigorosa lettura teologica dell’opera d’arte, dovrebbe poi affiancarsi anche una competenza didattica, metodologica, relazionale. In tale direzione sta muovendo i primi passi anche il tavolo nazionale alla ricerca di un dialogo per una possibile collaborazione tra le varie conferenze episcopali regionali e le diverse regioni italiane in materia di formazione delle guide turistiche operanti nel territorio regionale e spesso chiamate a interagire con i beni culturali ecclesiastici, che hanno una loro specifica identità e richiedono specifiche conoscenze e competenze.
A tale riguardo, un ruolo del tutto speciale potrebbe essere svolto sui territori regionali dalle facoltà teologiche e dagli istituti superiori di scienze religiose a esse collegati che, in alcuni casi, già da anni prevedono all’interno della loro offerta formativa percorsi accademici di specializzazione in arte sacra.8 L’acquisizione di specifiche competenze teologiche, ma anche in ordine alla comunicazione, progettazione, pianificazione territoriale ecc. riveste un rilievo decisivo.
Questo Protocollo d’intesa costituisce pertanto una base normativa importante, teso ad avviare nuove forme di collaborazione e di progettualità tra le istituzioni regionali e le diocesi, chiamate a condividere con sapienza e lungimiranza il più vasto patrimonio culturale dell’umanità, ancora troppo trascurato nonostante le straordinarie potenzialità esistenti. Dopo l’avvio del tavolo nazionale, del quale fanno parte alcuni rappresentanti della Conferenza delle regioni e dei due uffici della CEI più direttamente coinvolti (per la pastorale del turismo e per i beni culturali ecclesiastici ed edilizia di culto), si stanno costituendo progressivamente anche i tavoli di lavoro regionali.9
Ci auguriamo vivamente che questi tavoli regionali possano davvero trasformarsi in breve tempo in veri e propri laboratori d’elaborazione progettuale, di coordinamento operativo di esperienze virtuose e buone pratiche in un settore strategico così decisivo per ritrovare la «via della bellezza » e per la costruzione condivisa di un ethos del futuro.

Natalino Valentini


1 P.A. Florenskij, Lo spazio e il tempo nell’arte, Adelphi, Milano 1995, 15.
2 Francesco, es. ap. Evangelii gaudium, 24.11.2013, n. 167; EV 29/2273.
3 Cf. il recente convegno internazionale «Dio non abita più qui?», (Roma, 29- 30.11.2018), promosso dal Pontificio consiglio della cultura, dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto (della CEI), e dalla Pontificia università gregoriana. Sulle Linee guida emerse dal convegno cf. l’intervista a O. Bucarelli, in Regno-att, 2, 2019, 25s.
4 Francesco, Evangelii gaudium, nn. 20.21; EV 29/2126.2127.
5 Il Simposio euro-mediterraneo dal titolo «Verso un’identità del turismo religioso. Bellezza e stupore», Assisi, 18-19.1.2019, promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport. A questa I sessione ne seguiranno altre due; una su «Esperienza e convivialità», che avrà luogo a Bergamo il 17- 18.5.2019, e una su «Comunità e responsabilità », prevista a Matera il 26-28.9.2019.
6 G. Bassetti, «Il turismo religioso tra evangelizzazione e sviluppo dei territori», relazione introduttiva al Simposio sul turismo religioso euro-mediterraneo, Assisi, 18.1.2019.
7 Cf. Ufficifficio nazionale per la pastorale del tempo libibero, turirismo e sport, Bellezza e speranza per tutti. Parchi e reti culturali ecclesiali: quando il turismo diventa via di vita buona e speranza concreta, settembre 2018. Il documento contiene oltre agli orientamenti e prospettive pastorali anche le linee guida e le procedure di riconoscimento dei parchi o reti culturali ecclesiali.
8 A fronte del vasto patrimonio artisticoecclesiastico, attualmente a livello nazionale esistono soltanto 5-6 ISSR (riconosciuti dalla Congregazione per l’educazione cattolica e collegati con diverse facoltà teologiche) che propongono percorsi formativi qualificati (laurea specialistica o master) in Arte sacra e turismo religioso. Tra questi segnaliamo gli ISSR delle diocesi di Rimini e San Marino-Montefeltro, Vicenza, Arezzo, L’Aquila, Napoli, Matera; oltre ai percorsi accademici presenti presso la Pontifica università gregoriana (in beni culturali ecclesiastici) e al Pontificio ateneo Sant’Anselmo e ad altri corsi speciali attivati in modo estemporaneo presso altre istituzioni ecclesiastiche.
9 Tra le più recenti costituzioni segnaliamo quella avvenuta a Bologna (il 25.2.2019, presso la sede della regione Emilia Romagna) alla presenza della delegazione ecclesiale presieduta da mons. Carlo Mazza (delegato della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna), degli assessori alla Cultura (M. Mezzetti) e al Turismo (A. Corsini) e del presidente dell’APT (A. Cassani).