Alberto Marvelli nasce a Ferrara nel 1918, secondo di otto fratelli, e tra le due Guerre si trasferisce a Rimini dove inizia la sua formazione umana e spirituale. Appassionato di ogni genere di sport (basket, calcio, sci, bici, nuoto), la sua corsa subisce ad un tratto una sosta forzata: la morte del padre. A 15 anni decide di intraprendere ben altra corsa: l’ascesa alla santità. Il periodo universitario (facoltà di ingegneria meccanica) è segnato da una grande fecondità intellettuale e spirituale, che non lo distoglie però dal dedicarsi alla sua famiglia e ai suoi ragazzi dell’oratorio retto dai padri salesiani. Terminati gli studi, frequenta il corso per ufficiali a Trieste e nel 1941 è ingegnere alla Fiat, ma a causa della guerra, è costretto a ripartire per le armi: destinazione caserma “Dosson” di Treviso. In questo periodo approfondisce la sua amicizia con Marilena, una ragazza milanese, per la quale nutrirà anche un affetto sponsale.
Tornato a Rimini, città martoriata dai bombardamenti, Alberto è figura esemplare di fede e di solidarietà nel portare soccorso materiale e spirituale agli sfollati. Nominato assessore ai Lavori pubblici, capo sezione del Genio civile e presidente dei Laureati cattolici, il giovane ingegnere riesce a coniugare vangelo e cultura, carità e politica, preghiera, azione e contemplazione. Nel 1945 aderisce alla Società Operaia, cenacolo di laici che consacrano la propria vita per la santificazione nel mondo. Candidato alle amministrative nelle file della Democrazia Cristiana, alla vigilia delle elezioni del 6 ottobre 1946 è investito da un camion militare. Il giorno del suo funerale la città di Rimini si accorge di aver avuto, fra i suoi figli migliori, un giovane santo.