Non può che suscitare interesse e ammirazione la nascita di un nuovo progetto per il turismo e i pellegrinaggi che vede coinvolte sette diocesi della Romagna (Cesena-Sarsina, Faenza-Modigliana, Forlì-Bertinoro, Imola, Ravenna-Cervia, Rimini, San Marino-Montefeltro), sette realtà ecclesiali che, riunite insieme con l’apporto scientifico e operativo dell’ISSR “A. Marvelli” e di “Ariminum”, hanno creato un’Associazione finalizzata alla valorizzazione dell’Arte sacra e del Turismo religioso in prospettiva catechetica, pastorale, teologica, culturale, ma anche di sviluppo economico.
L’8 dicembre 1965 il Concilio Vaticano II si rivolgeva agli artisti, i quali venivano ricordati subito dopo i governanti e gli uomini di pensiero e di scienza con parole profetiche, che ancora oggi fanno riflettere profondamente e interpellano le coscienze: “Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.
Queste parole, a mio avviso, spiegano chiaramente come l’arte e l’architettura, lungi dall’essere un inutile orpello, sono per la Chiesa un aiuto – e qui cito sempre il Messaggio del Concilio – “a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere sensibile il mondo invisibile”.
Entrare in contatto con l’arte cristiana significa penetrare nel flusso della storia, una storia connotata dalla fede di chi ci ha preceduto per comunicare, attraverso la bellezza, con le generazioni passate. Ebbe modo di scrivere Giovanni Paolo II nella sua lettera agli artisti: “La storia dell’arte non è soltanto storia di opere, ma anche di uomini. Le opere d’arte parlano dei loro autori, introducono alla conoscenza del loro intimo e rivelano l’originale contributo da esse offerto alla storia della cultura”. In questa prospettiva più ampia, l’arte cristiana rende evidente la fede nel Cristo che ha guidato coloro che ci hanno preceduto. Accostarsi all’arte cristiana quindi non è un fatto solo estetico, bensì teologico. La dimensione di fede, non solo quella culturale, la dimensione liturgica, non solo quella estetica, indicano innanzitutto il senso che muove ogni espressione artistica autenticamente cristiana e mostrano l’orizzonte morale nel quale muoversi.
Il contesto odierno spesso nega la cultura cristiana, come se non fosse una ricchezza per tutti, ed è mancante di quel lessico biblico e liturgico che per secoli ha fornito la base di un linguaggio e di un pensiero comune, così necessario proprio per comprendere l’arte europea.
L’arte cristiana è profondamente legata alla Bibbia tanto da diventarne spesso un’efficace e originale interprete. Il metodo sapienziale di leggere “la scrittura con la scrittura” nell’unità di Antico e Nuovo Testamento, è tipico della sapienza patristica e appartiene alla più antica tradizione della chiesa. Le catacombe di Roma, che mostrano l’origine dell’iconografia cristiana, accolgono questa lettura della Bibbia. Le pitture che mostrano i tre giovani nella fornace, Daniele nella fossa dei Leoni, Susanna tra i vecchioni, ecc… – immagini queste numerosissime nel contesto funerario – sono tutti richiami veterotestamentari che, accomunati nella tematica dell’agire salvifico di Dio, manifestano la fede in Cristo risorto, vittorioso sulla morte.
Nella Basilica di San Vitale, a Ravenna, monumento riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, sì è costantemente richiamati a questa dinamica interpretativa. Le lunette dei sacrifici veterotestamentari, poste accanto all’altare, mostrano Abele che offre le primizie del gregge, Melchisedek che offre pane e vino, Abramo con Isacco al monte Moria e vanno lette come prefigurazioni del sacrificio del Cristo. Esse inoltre sono immagini che, evocate nel canone romano, entrano nel vivo della celebrazione eucaristica e, nella liturgia, trovano il contesto più fecondo nel quale essere lette.
La cattedra eburnea di Massimiano, capolavoro assoluto dell’arte bizantina, custodita al Museo Arcivescovile di Ravenna, accoglie – all’interno di una ricca iconografia evangelica – dieci formelle che narrano la vicenda di Giuseppe l’ebreo: egli nel suo essere tradito e venduto dai fratelli, calato nella cisterna, calunniato e imprigionato e infine esaltato alla destra del faraone d’Egitto, evoca la passione di Cristo e la sua glorificazione alla destra del Padre.
Il Codice purpureo rossanense, capolavoro indiscusso dell’arte custodito nel Museo diocesano di Rossano, riporta dieci meravigliose miniature dove a commento delle parole e opere del Cristo sono le citazioni dei profeti che mostrano come quanto preannunciato nell’Antico Testamento trova la sua piena realizzazione in Cristo. L’episodio della risurrezione di Lazzaro, ad esempio, è accompagnato da quattro citazioni di profeti – Davide, Osea, Isaia – che nei loro cartigli mostrano come in Gesù si sia manifestata la gloria di Dio: “Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire” (I Sam 2, 6); “Li strapperò dalle mani degli inferi. Li riscatterò dalla morte” (Os 13, 14); “Tu sei il Dio che opera meraviglie” (Sal 76, 15); “Ma di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri” (Is 26, 19).
Vorrei concludere questa breve riflessione con le parole pronunciate da Benedetto XVI il 20 maggio 2010, nell’Aula Paolo VI, in occasione delle Giornate di Cultura e di spiritualità russa promosse da Sua Santità Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie: “Come ho più volte affermato, la cultura contemporanea, e particolarmente quella europea, corre il rischio dell’amnesia, della dimenticanza e dunque dell’abbandono dello straordinario patrimonio suscitato e ispirato dalla fede cristiana, che costituisce l’ossatura essenziale della cultura europea, e non solo di essa. Le radici cristiane dell’Europa sono costituite infatti, oltre che dalla vita religiosa e dalla testimonianza di tante generazioni di credenti, anche dall’inestimabile patrimonio culturale e artistico, vanto e risorsa preziosa dei popoli e dei Paesi in cui la fede cristiana, nelle sue diverse espressioni, ha dialogato con le culture e le arti, le ha animate e ispirate, favorendo e promuovendo come non mai la creatività e il genio umano. Anche oggi tali radici sono vive e feconde, in Oriente e in Occidente, e possono, anzi devono ispirare un nuovo umanesimo, una nuova stagione di autentico progresso umano, per rispondere efficacemente alle numerose e talvolta cruciali sfide che le nostre comunità cristiane e le nostre società si trovano ad affrontare, prima fra tutte quella della secolarizzazione, che non solo spinge a prescindere da Dio e dal suo progetto, ma finisce per negare la stessa dignità umana, in vista di una società regolata solo da interessi egoistici”.
Giovanni Gardini
(Docente alla specialistica in Arte sacra e turismo religioso presso l’ISSR “A. Marvelli della diocesi di Rimini e Consulente Diocesano per i Beni Culturali della diocesi di Ravenna)