Annale ISSR 16/2019-20

ANNALE “PAROLA E TEMPO” n. 16/2019-20, Ed. Pazzini, Villa Verucchio 2021, 25 Euro.

EDITORIALE

Il gesto della “carità intellettuale”
di NATALINO VALENTINI

Dopo l’attraversamento di questa tempesta, tra tanti sconvolgimenti e difficoltà che la pandemia ha determinato inevitabilmente anche all’interno del nostro contesto, torniamo ora, a oltre due anni dall’ultimo numero, a proporre quanto raccolto pazientemente in questo tempo sofferto e inquieto, nella fiduciosa speranza di poter offrire il nostro umile contributo al nutrimento del pensiero, del cuore e della vita cristianamente orientate. Resta in noi impressa soprattutto un’icona: quella di Papa Francesco solo, nella vuota e spettrale Piazza San Pietro, a ricordarci, in perfetta persuasione pasquale, che: «In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato» (Roma, 27 marzo 2020).
L’espandersi della pandemia, con il suo scialo di morte e sofferenze, ha riportato alla nostra attenzione, in tutta la sua sconvolgente verità, ciò che Papa Francesco ha richiamato con forza inaudita: non è possibile vivere sani in un mondo malato. Nel villaggio globale multietnico, multiculturale e multireligioso che ancora distrattamente abitiamo, in questo macrocosmo pluriverso nel quale siamo temporaneamente ospitati, tutto è intimamente interconnesso e interdipendente e nessuno può pensare di salvarsi da solo, come è stato potentemente argomentato con l’enciclica Laudato si’ (2015) e la recente Fratelli tutti (2020). Accogliendo l’invito pressante a rimettere al centro del nostro cammino le realtà misteriche essenziali, nella convinzione di essere polvere animata soltanto dalla Sua promessa, riprendiamo il nostro cammino nella viva speranza che da questa dura prova possa scaturire una profonda purificazione spirituale e un ripensamento radicale della nostra responsabilità nei confronti dell’umanesimo degli affetti e dei valori di riferimento della nostra visione del mondo. Forse mai come in questi ultimi tempi, infatti, in una corsa progressivamente folle, l’uomo ha scisso l’intelligenza dall’amore, la ragione dalla passione, la mente dal cuore. Con l’orgoglio del suo sapere, egli ha creduto di poter essere l’unico artefice del proprio destino (homo faber), matrice unica di significato. Il pensiero filosofico (e in gran parte anche quello teologico) si è da tempo separato dalla sua fonte viva, dalla radice vivente e vissuta della conoscenza, inaridendosi, ha progressivamente innalzato muri di separazione, le barriere del naturalismo e dello storicismo, dell’empirismo e del pragmatismo, dello scientismo e del nichilismo. Il pluriforme dispiegarsi delle tante correnti della filosofia analitica e delle varie tecniche ermeneutiche, alla ricerca di uno specialismo sempre più esasperato, ha fatto smarrire l’idea dell’insieme e dell’unità integrale della conoscenza e della persona.
Tenendo conto delle sfide attuali il nostro umile intento resta quello di nutrire la mente e il cuore, risvegliare il pensiero, riscoprire insieme la fede per un nuovo umanesimo degli affetti in un mondo plurale, in continua e rapida trasformazione, essere ancora capaci di un’ascesi che è carnale ospitalità: «non l’ospitalità che distribuisce regali, ma quella che pratica l’ospite nel suo corpo e nel suo tempo, quando riceve», come ci assicura Michel de Certeau.

2. Un cammino al servizio della “carità intellettuale”

A quasi vent’anni dall’avvio di questa esperienza di studio, ricerca e confronto, messa in atto attraverso “Parola e Tempo”, siamo davvero lieti e grati per quanto realizzato e maturato insieme. Questo strumento di formazione culturale e ricerca nelle scienze religiose, ma al contempo luogo di elaborazione, confronto e discernimento delle principali sfide che attraversano la cultura cristiana nel tempo presente, si è rivelato particolarmente prezioso non solo per la comunità di ricerca cresciuta attorno all’ISSR “A. Marvelli” e alle due diocesi di riferimento (Rimini e San Marino-Montefeltro), ma anche per la più fitta rete di relazioni che si sono intensificate in questi anni sia a livello regionale, sia nazionale.
Come ci ammonisce il titolo allora scelto, la sfida resta sempre altissima, poiché «il fragile vaso delle parole umane deve poter contenere il Diamante infrangibile della Divinità» (P.A. Florenskij). Una Parola che si dona al Tempo e che dal tempo, nella libertà dell’ascolto, può essere restituita arricchita di senso, salvandola dall’oblio, dall’indifferente successione degli istanti, fino al possibile incontro con un Tempo propizio, un evento di grazia, un vero e proprio Kairos.
Nonostante il dilagare prepotente della chiacchiera sulla parola, del baccano indistinto sull’ascolto e la silenziosa contemplazione, noi pensiamo ancora, paradossalmente, al libero primato della Parola, delle parole e del loro ascolto (che di essa siano l’umile riflesso nel tempo); allo spazio-tempo della meditazione e dell’ascolto; all’azione delle parole, non alle parole in azione. Nel tempo del caotico consumo, mentre tutto tende verso la spettacolarizzazione, l’implosione egocentrica e l’omologazione, enfatizzati dai nuovi strumenti mediatici, noi crediamo ancora nelle parole pensate, scritte e pronunciate adagio, che salgono alle labbra dal cuore, dal corpo, non dal discorso e dai suoi orpelli retorici, non dal presenzialismo dei discorsi che seducono.
Anche in questo numero dell’Annale le “parole” che danno forma ai diversi interventi, saggi, articoli e contributi di riflessione, qui raccolti nella loro diversità di stile e di approccio, osano delineare una visione unitaria, che testimonia la fatica, ma anche la bellezza e la responsabilità del costruire insieme orizzonti di speranza, tentando di mettere in atto un’esperienza “sinodale” del pensiero, un modo di essere dentro questo tempo. Con modestia e non senza limiti, anche questo volume, composto in povertà di mezzi ma con pazienza e coraggio, in devozione e per gratuità, vuole essere anzitutto un piccolo generoso gesto di ritrovata e pura carità intellettuale. Fedeli a questo termine, oggi ormai abbandonato dalla prassi e dal lessico, persino nel contesto ecclesiale, ne invochiamo con tutte le nostre forze una piena riabilitazione, a partire dalla sua antica ascendenza agostiniana, riesplorata poi da Rosmini e dal giovane mons. Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI), in profonda consonanza interiore con il nostro amato conterraneo Igino Righetti, che di quella carità intellettuale fu tra i più generosi interpreti e testimoni soprattutto all’interno della nascente Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci). Come egli ebbe più volte a rimarcare, evocando Pascal, anche la scienza può essere carità, anche l’attività del pensiero, della meditazione e della scrittura vanno concepite come un servizio alla carità. Non è solo la povertà materiale che può rendere gli uomini infelici e reciprocamente lupi, ma anche la povertà intellettuale (sovente semplificata in ignoranza) e la povertà spirituale (sovente semplificata in materialismo).
Il giovane Righetti, che abbiamo ricordato e riesplorato con gioia in occasione dell’80° anniversario dalla sua morte1, ci ha lasciato una straordinaria eredità spirituale che non possiamo assolutamente disperdere, quella di una “giovinezza pensante”, di un amore per la conoscenza e lo studio, nutriti dal silenzio e dalla preghiera, dal raccoglimento e dall’attenzione. Si tratta anzitutto di un’esperienza ascetica, poiché: «Lo studio è esercizio intenzionale delle facoltà spirituali dell’uomo. Studiare è quindi largamente parlando l’esercizio precipuo anche della vita cristiana. Lo studio è preghiera. La vita cristiana è ricerca, attesa, conquista del regno di Dio, è preghiera, riflessione, è carità cioè desiderio, amore. Lo studio è amore»2. La carità intellettuale, «può stare sul piano della carità missionaria, perché appunto è rivolta alla illuminazione e alla salvezza degli spiriti umani», ad aiutare la coscienza degli uomini a recuperare il senso globale e trascendente dell’esistenza, vale a dire comunicare la verità, insegnare, sciogliere i dubbi, smascherare gli errori. Più tardi Papa Paolo VI, incontrando i dirigenti dell’editrice Studium (il 10 febbraio 1964), ricordando soprattutto il genio intuitivo di Righetti, lo esplicita in modo mirabile con poche parole che restano ancora un programma di ogni “progetto culturale” nella vita della Chiesa: «fare della cultura cattolica un principio di coesione, (…) di amicizia spirituale, di collaborazione intellettuale». Questo è l’orizzonte anche della nostra costante ispirazione!
Ebbene, anche per questo, nonostante le difficoltà del momento e persino le inaspettate avversità, continuiamo fedelmente il nostro cammino al servizio della carità intellettuale, della formazione teologica, culturale e spirituale, cercando di coniugare fedeltà a Dio e fedeltà alla storia, anche in vista di un concreto accrescimento di una fede adulta e “pensata”, capace di tenere insieme i vari aspetti della vita, facendo unità di tutto in Cristo.

3. I frutti di questa raccolta

Inoltrandosi nelle diverse sezioni che compongono questo Annale, diventerà più chiaro come questa ricca e variegata raccolta sia anzitutto il frutto di esperienze vive; non di materiali assemblati a tavolino, bensì di diversi cammini di ricerca ed esperienze di confronto messe in atto negli ultimi due anni all’interno del nostro Istituto, nel dialogo e nella relazione permanente con diverse realtà, a partire dal nostro contesto, tenendo insieme, per quanto possibile, il filo sotteso che unisce memoria e profezia, nel generoso impegno teso sempre a rinsaldare un solido legame tra ricerca teologica e azione pastorale.
Tra i tanti pregevoli apporti, ognuno meritevole di una speciale attenzione e considerazione, a partire dalla magistrale prolusione di Kurt Appel sull’apertura del Deus Trinitas, il suo misterioso disvelarsi e consegnarsi al mondo, due appaiono i focus preminenti di attenzione, che corrispondono effettivamente agli ambiti privilegiati di considerazione e di investimento formativo messo in atto negli ultimi anni. Il versante della valorizzazione dell’arte sacra, o per meglio dire del patrimonio artistico ecclesiale, sul quale il nostro ISSR (tra i pochissimi in Italia) continua tenacemente a operare da oltre un decennio (prima con una laurea specialistica, ora con un Master di I livello in Valorizzazione dell’Arte Sacra e del Turismo religioso), nella salda convinzione che occorra oggi rigenerare una cultura della bellezza come fulcro di una nuova rinascita a partire dai “giacimenti” di arte sacra presenti nei nostri territori. Ciò non solo al fine di riscoprire lo sconfinato universo simbolico e spirituale che li ha generati e che ha plasmato materialmente le forme dell’arte cristiana come parti integranti della stessa polis, ma anche per raccogliere la sfida di una crescita umana, sociale, civile attraverso una bellezza che dona senso ed educa al mistero della vita e della stessa fede. La conoscenza è il primo e fondamentale gradino per la custodia e la valorizzazione di un bene culturale ecclesiale, poiché in esso si esprime non solo l’abilità di singoli artisti, ma un’impresa comune, l’opera e il genio di una comunità credente scanditi dal culto liturgico, che già in sé è la manifestazione della più perfetta sintesi delle arti, capace di coinvolgere tutti i nostri sensi e la nostra corporeità. Per questo l’incontro con la bellezza, in ultima istanza, non è altro che la manifestazione della verità e al tempo stesso il compimento dell’amore. Non una pretenziosa retorica funzionalistica o sentimentalistica della bellezza oggi tornate in voga, ma il riconoscimento in essa di un persuasivo disvelamento di senso, con una sua rilevanza gnoseologica e ontologica; l’incontro con una forza che attrae e sovrasta, nella consapevolezza che «La forza della bellezza esiste in misura non minore della forza magnetica e di quella di gravità»3. Siamo ancora in grado di cogliere la portata di questa forza, oltre la sciatta parodia della cura estetica, come referente identificativo della “cultura” cattolica?
Nell’attuale contesto culturale, sociale e politico del nostro paese, caratterizzato da un’allarmante negligenza e indifferenza verso ciò che ha costituito per secoli motivo di splendore e di gloria, si avverte l’urgenza di custodire questa bellezza, di salvarla dalla caduta nella banalizzazione cosmetica o nella sacralizzazione retorica. Il tempo preme e una svolta s’impone affinché questo distacco non diventi irreparabile, anche all’interno della stessa Chiesa, sebbene già i mutamenti in atto impongano scelte urgenti anche dolorose, che ormai coinvolgono gli stessi luoghi di culto, il loro riuso o dismissione. Una “Chiesa in uscita”, animata dalla dinamica dell’esodo e del dono, «del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre»4, dovrebbe avvertire l’urgenza e l’opportunità di mettere a frutto il vasto patrimonio di cui ancora dispone in una prospettiva missionaria di vera e propria rivoluzione culturale e di innovazione sociale. Ma ciò implica la tessitura di un solido legame tra arte, cultura e sviluppo, inteso in senso ampio, come educazione, creatività, studio, ricerca, innovazione, invenzione, ma anche occupazione sociale. Per ovvie ragioni, la Chiesa Italiana ha un ruolo cruciale a riguardo, unitamente a una grande responsabilità.
Le problematiche appena accennate nei diversi interventi che compongono la parte monografica di questo Annale mostrano e riflettono l’emergere di fenomeni in rapida espansione, che esigono una più attenta comprensione, anche dal punto di vista pastorale, ma che soprattutto attendono l’elaborazione di nuove strategie condivise e multidisciplinari, superando anacronistiche separazioni ideologiche e culturali, come pure visioni puramente burocratiche o funzionali, oppure settoriali e autoreferenziali.
Occorre rimettere in atto una visione olistica e integrale del patrimonio culturale ecclesiale, una valutazione complessiva della sua straordinaria qualità, della diffusione capillare di beni e luoghi vitali, inclusivi, capaci di generare relazione, identità, memoria che apre al futuro. Anche il Card. Gualtiero Bassetti, in un simposio sul turismo religioso svoltosi nel 2019 ad Assisi, ha invocato la necessità di un “cambio di paradigma” in grado di «attivare processi per buone pratiche di comunione di progetti tra comunità ecclesiale e comunità civile per una strategia coordinata e integrata di valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale di matrice ecclesiale»5. Ci auguriamo che in una rinnovata prospettiva di progettazione integrata di una pastorale missionaria, le Chiese diocesane possono svolgere un ruolo decisivo nel processo di valorizzazione dell’arte sacra e nella crescita di un turismo culturale e religioso, investendo in modo decisivo sulla qualità della formazione, tenendo conto del “cambiamento d’epoca” che stiamo attraversando, anche su questo fronte.
In parallelo, l’altro versante di attenzione è stato soprattutto quello del dialogo ecumenico ed interreligioso sul quale abbiamo avviato come Istituto nel 2018 (insieme alla Scuola Superiore di Studi Storici dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino) un Corso di Alta Formazione in Dialogo Interreligioso e Relazioni Internazionali (presieduto dal Prof. Franco Cardini).
Dobbiamo essere profondamente consapevoli che l’unica e vera risposta alle sfide che l’ora presente ci pone, potrà venire soltanto da dialogo autentico e responsabile fra le nazioni, le culture e le religioni; soprattutto tra le religioni, che costituiscono l’anima più intima e profonda delle diverse culture. Come aveva colto acutamente negli ultimi anni di vita il filosofo Hans Georg Gadamer, tra i maggiori pensatori del XX secolo: «Solo un autentico dialogo tra culture e religioni, che presuppone una vera conoscenza reciproca, può scongiurare il pericolo dell’autodistruzione dell’umanità»6. Queste parole pronunciate oltre vent’anni fa risuonano oggi ancora più attuali e ineludibili, soprattutto di fronte alle drammatiche emergenze umanitarie che stiamo vivendo e al preoccupante ritorno di ideologizzazioni nazionaliste e sovraniste. Il dialogo interreligioso è oggi una delle sfide culturali più radicali del nostro tempo, una sfida inevitabile, fondamentale e urgente, non solo sul piano culturale e spirituale, ma anche sociale, politico e delle relazioni internazionali. Esso gioca un ruolo sempre più rilevante e talora decisivo nei processi di integrazione culturale, di inclusione sociale e di pacificazione. Contro ogni forma di isolamento, di discriminazione, di ignoranza, di indifferenza, di disprezzo, di ottuso radicalismo e feroce fondamentalismo, frutti avvelenati di una decadenza culturale e spirituale del genere umano, l’unica vera “arma” a nostra disposizione è quella della cultura e dell’educazione, della conoscenza reciproca e della responsabilità. Solo l’accrescersi di una ragione che sgorghi dal dialogo, una ragione aperta al riconoscimento delle differenze nella piena consapevolezza della propria identità culturale e religiosa, può arginare le degenerazioni del radicalismo religioso. In questa prospettiva trovano qui gradito accoglimento diversi contributi di riflessione offerti da qualificati studiosi e testimoni di questo dialogo, che se è autentico, implica sempre una radicale messa in gioco di se stessi, un’interrogazione esistenziale, una vera capacità di ascolto, di attenzione, fino alla possibilità di un’intima comunione di intenti. Anche in questo caso occorre mettere in atto un rigoroso e sistematico impegno formativo ed educativo rivolto soprattutto verso le nuove generazioni. I frutti del dialogo interreligioso possono essere raccolti a medio e lungo termine, solo sulla base di due presupposti imprescindibili: la conoscenza oggettiva e reciproca tra le diverse religioni; la concreta possibilità di incontro e confronto, in vista di un possibile riconoscimento di fraternità, tra i componenti delle diverse comunità religiose.

Navigando in questi due anni di isola in isola, lungo diverse rotte e coste; camminando lungo sentieri interrotti, campi, radure e paesaggi dell’anima, che dalla Sacra Scrittura portano alla liturgia e al canto, dai dilemmi del fine vita a una nuova rinascita, dall’antica saggezza di Filone all’affettuosa prossimità di sapienti maestri amici (Agostino Venanzio Reali, don Italo Mancini, Paolo De Benedetti…) che sostengono silenziosamente il nostro passo, tra filosofia, poesia, teologia e preghiera, sciogliamo gli ormeggi e, ai lettori amici non possiamo che ripetere umilmente: tolle et lege. Prendi, leggi: un atto quasi sempre di grazia, certo di ringraziamento, per ciascuno di noi, che pensa, ascolta, scrive, parla; posto di fronte alle parole consegnate al tempo. Parole che ci auguriamo possano tornare in altra forma, come in un dono ritrovato, in un potlach ove la sfida è solo a colpi di generosità e creatività donante.

Note

  1. Rimandiamo a riguardo alla recente pubblicazione Igino Righetti. Spiritualità, cultura politica e impegno sociale, a cura di P. Grassi e N. Valentini, con un saluto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che raccoglie i pregevoli saggi di R. Moro, M. Truffelli, N. Antonetti, T. Torresi, Studium, Roma 2020.
  2. I. Righetti, Itinerari, Studium, Roma 1919, p. 61.
  3. P.A.Florenskij, Lo spazio e il tempo nell’arte, Adelphi, Milano 1993, p.45.
  4. Papa Francesco, Evangelii gaudium, 20.
  5. Card. G. Bassetti, Il Turismo religioso tra evangelizzazione e sviluppo dei territori, relazione introduttiva al Simposio sul Turismo religioso Euro-Mediterraneo, Assisi, 18 gennaio 2019.
  6. H.G. Gadamer, Intervista, La Stampa, 31. III, 1996.

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