Articolo pubblicato su «Il Ponte» di S.E. Mons. Francesco Lambiasi
Nonostante i sorprendenti progressi della comunicazione, viviamo in un contesto culturale permeato ancora di diffusa ignoranza religiosa, ma anche di confusione e superstizione, di visioni vaghe e generiche intorno ai grandi misteri della fede cristiana. L’enorme diffusione e incidenza che ancora riscuotono eventi editoriali quali “Il codice da Vinci” e iniziative culturali analoghe lo testimoniano ampiamente. Ebbene, lo studio della teologia cristiana, nutrito dalla Parola di Dio e dalla santa Tradizione, posto in dialogo con le altre scienze umane e religiose, costituisce uno strumento imprescindibile di purificazione della fede e di apertura al mistero, di nutrimento spirituale ed esercizio della ragione, ma anche di lotta consapevole contro ogni forma di mistificazione e di idolatria.
In questa direzione opera già da anni con efficace coerenza e generoso impegno l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” della nostra Diocesi, che si propone anzitutto come un ambito di concreto servizio alla Chiesa, di ricerca credente dell’intelligenza della fede, per approfondire, studiare e contemplare la bellezza della verità cristiana attraverso gli strumenti e i metodi propri delle scienze teologiche.
Il nostro Istituto, da due anni riconosciuto dalla Congregazione, per il buon livello qualitativo della sua attività e offerta formativa, costituisce per la nostra Chiesa diocesana una risorsa davvero preziosa, che esige da parte di tutti più attenzione e partecipazione, anzitutto per la sua insostituibile funzione ecclesiale di ricerca, di animazione e formazione, in particolare dei fedeli laici, nella prospettiva di una rinnovata azione evangelizzatrice e di un rinnovato incontro tra la fede e la cultura nel nostro tempo.
Non si tratta soltanto di accrescere e qualificare adeguatamente il servizio e l’azione pastorale della nostra Chiesa, ma anche di favorire un concreto innalzamento del livello di consapevolezza teologica e culturale da parte di tanti laici battezzati, diventando loro stessi protagonisti di cultura cristianamente ispirata, e teologicamente fondata, avendo come ambienti privilegiati la famiglia, la scuola, il lavoro, la società.
Per vivificare oggi le realtà nelle quali noi cristiani operiamo, diventa necessario riproporre Gesù Cristo come volto umano di Dio e volto divino dell’uomo e, insieme, chiedersi quali tratti di questo volto benedetto sia necessario riscoprire e testimoniare su tutti i fronti per parlare credibilmente di Lui a questo tempo di penuria della passione per la verità, di fronte all’abbandono di sensi totalizzanti, come di fronte al non-senso, al non-bisogno di senso ma anche all’emergere di una ritrovata nostalgia del senso. Ancora una volta siamo chiamati a corrispondere con rinnovato slancio e perfetta letizia all’invito dell’apostolo Pietro: « Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» ( 1 Pt, 3,14-15).
Dare “ragione della speranza” e rimettere al centro Cristo significa per la comunità cristiana afferrare ogni problema e ricondurlo al suo centro vitale. Significa ancora non evadere, ma anzi porre esplicitamente la domanda su Dio: se Dio è il fine dell’uomo, la cultura umana potrà anche ritenere di doversi emancipare dal mistero di Dio, ma con la conseguenza inevitabile di smarrire la direzione del suo cammino. Per questo la cura della formazione teologica non può più essere concepita come eccezione, bensì il naturale nutrimento e accrescimento della propria esperienza di fede, non un “lusso” per pochi eletti, ma esercizio altamente spirituale, culturale e profetico.
Credere non significa chiudere gli occhi sulla realtà: questo è piuttosto fideismo. La fede non è cieca, anzi, dilata la possibilità di conoscere. E la risposta alla rivelazione di Dio è l’amore: se Dio è amore, la fede è la risposta d’amore al suo sconfinato amore che si rivela. E la teologia non può essere altro che riflessione d’amore sull’Amore.
Non possiamo rinunciare alla formazione teologica di un numero sempre più consistente e motivato di laici.
Francesco Lambiasi – Vescovo di Rimini e Moderatore ISSR “A. Marvelli”